Articolo pubblicato il 24 Maggio 2019.
L'articolo "L'importanza del gioco per il bambino" tratta di: Crescita personale e Educazione dei Figli.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Morena Romano.
"Il gioco... è la più spontanea abitudine del pensiero infantile"
(J. Piaget)
Le attività ludiche - il gioco, insomma - rappresentano una forma di espressione unica per il bambino sin dalla nascita, in quanto fonte di comunicazione, di espressione e soprattutto di apprendimento.
Il bambino impara giocando, fa esperienza giocando, cresce giocando.
E poiché non possiamo fare a meno di relazionarci con i nostri simili, il bambino impara giocando, fa esperienza giocando, cresce giocando insieme agli altri.
A secondo dell'età, il bambino durante le attività di gioco fa conoscenza con la propria creatività, mette alla prova le sue capacità cognitive, sensoriali e motorie, scopre se stesso, entra in relazione con gli altri, coetanei e adulti; quindi, proprio per questo possiamo dire che il gioco favorisce lo sviluppo affettivo, lo sviluppo cognitivo, lo sviluppo senso-motorio e lo sviluppo sociale.
È importante che i bambini, a partire dai primissimi mesi di vita, possano fare esperienza di gioco e di relazione con gli altri, non solo con gli adulti accudenti, al fine di concretizzare al meglio la scoperta della realtà che li circonda, del desiderio, dello scambio, della cooperazione e anche della frustrazione dovuta ad esempio al dispiacere di dover attendere per avere un gioco che interessa, di attendere il proprio turno sull'altalena e così via.
Ma scopriamo meglio come si sviluppa il gioco in corrispondenza della crescita del bambino.
Tipico dei bambini entro l'anno è il gioco solitario: infatti essi non si pongono in una condizione di reciprocità con gli altri e non presentano interesse per l'interazione sociale, amano quindi giocare per conto loro.
Fra il primo e il terzo anno di vita compare il gioco parallelo: i bambini si aiutano reciprocamente, ma si tratta essenzialmente ancora di un gioco individuale.
A partire dal secondo/terzo anno di vita emerge anche il gioco simbolico che comprende il gioco della bambola, il gioco del dottore, il gioco a nascondino, come espressione delle dinamiche interne che il bambino sta vivendo, ma anche a riproduzione di ciò che vive nel suo ambiente. Attraverso questi giochi il bambino può anche drammatizzare un evento della sua vita esterna o interiore: la nascita di una sorellina o di un fratellino, una dinamica familiare, ma anche una punizione o proibizione subita, al fine di poterla comprendere e gestire.
Fra i quattro e i cinque anni il gioco diventa via via più sociale e di gruppo: si svolgono giochi più strutturati, con regole e maggior interazione sociale. Nelle famiglie numerose ciò può verificarsi anticipatamente.
Fra i sei e i dieci anni, nell'età della fanciullezza, i giochi sono prevalentemente di gruppo e con regole. Questo permette al bambino di sperimentare lo stare con gli altri attraverso attività strutturate dove le regole diventano funzionali ad un miglior svolgimento delle stesse.
Da quanto detto comprendiamo che le attività ludiche crescono e si modificano di pari passo con lo sviluppo intellettivo e psicologico del bambino: egli, infatti, attraverso il gioco incomincia a comprendere inizialmente il funzionamento degli oggetti e poi, gradualmente, l'interazione con gli altri, fino ad acquisire la capacità di essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di quello esteriore, accettando le legittime esigenze di queste sue due realtà.
In età scolare, inoltre, entrano in gioco i forti legami affettivi e di intimità con l'amico o l'amica del cuore con i quali è bello parlare, sedere accanto nello stesso banco, ritrovarsi dopo la scuola a casa dell'uno o dell'altro, e così via. A ciò si aggiunge una chiara e netta identità sessuale e di genere: infatti in quest'età sono predilette le amicizie del proprio sesso.
Infine, volendo sintetizzare, il gioco e lo stare "in gruppo":