Articolo pubblicato il 29 Aprile 2019.
L'articolo "La narrazione di sé in psicoterapia" tratta di: Psicologia Analitica (Jung).
Articolo scritto dalla Dott.ssa Morena Romano.
Il percorso terapeutico con approccio analitico si dipana attraverso il racconto letterale del paziente fino al raggiungimento dell'intuizione dei significati consci e inconsci, dei vissuti profondi che hanno generato il malessere.
È necessario che siano delineati confini precisi tra il racconto dei fatti esteriori e la rievocazione della dimensione interiore, quindi psicologica, ossia fra ciò che è e ciò che sentiamo e percepiamo. È proprio quest'ultimo aspetto che è implicato nell'elaborazione dei vissuti conflittuali/traumatici e del loro superamento.
James Hillman, analista e prolifico autore post junghiano, sostiene che la caratteristica fondamentale della psiche è di produrre immagini che rappresentano interiormente gli stati d'animo dell'individuo e danno poi l'avvio alla riflessione psicologica, alla mentalizzazione, alla astrazione intellettuale, al pensiero ed infine al comportamento. Possiamo pertanto dedurre che il lavoro interiore ed il processo di riflessione si avviano quando l'attenzione si sposta dalla oggettività degli eventi alla loro rappresentazione immaginativa.
In aggiunta a ciò, dobbiamo ricordare che il cervello umano "filtra" i numerosi stimoli che gli giungono dall'esterno e dalle percezioni interne per evitare un sovraccarico e, per lo stesso motivo, la mente dà un ordine temporale attraverso il ricordare e storicizzare. La memoria infonde profondità alla vita attraverso la costruzione di un ordine narrativo che congiunge, come un filo rosso, il presente al passato.
Con ciò si intende che il ricordo è un atto immaginativo il cui significato influenza la valutazione che diamo del presente.
In terapia il racconto del paziente sollecita nel terapeuta una trama di immagini che daranno forma ad una nuova storia. Il paziente giunge in analisi quando non riesce più a tenere insieme gli eventi della sua vita nel consueto ordine e pertanto soffre per il non-senso di questa situazione, che si traduce in malessere più o meno distinto e/o in sintomi di natura psicologica.
La narrazione terapeutica è possibile, però, solo se il terapeuta si pone di fronte alle manifestazioni psichiche del paziente non con l'intenzione di spiegarle o eliminarle, ma lasciandole come espressioni pure, dandogli significato e favorendo l'integrazione nell'individuo.
Attraverso la riflessione e l'intuizione psicologica, l'analista dovrebbe cominciare a leggere la storia raccontata dal paziente senza rimanere legato né alla linearità cronologica né alle trame psicologiche già note, ma essere pronto a cogliere e a riconoscere gli schemi e le trame dei quali le vicende individuali sono espressione.
La sofferenza scaturisce da un'eccessiva identificazione con le proprie narrazioni personali, quelle che sono sotto il dominio dell'Io. Non esiste un solo modo di raccontarsi, ma è solo uscendo dalla cronaca letterale attraverso la ricettività verso l'immagine che si può ridurre il senso di discontinuità o di dissociazione psichica, il senso di isolamento e di perdita di progettualità.
Secondo Jung, è la psiche stessa a contenere i fattori di auto guarigione; all'inconscio è attribuito un potere trasformativo e non solo rivelativo.
Si può così concludere che la ri-narrazione della propria vita modifica l'influenza patogenetica del passato, favorendo lo svincolo da modelli di comportamento non più attuali e pertanto disfunzionali.
.