Articolo pubblicato il 19 Novembre 2018.
L'articolo "I mille volti dell'ansia sociale" tratta di: Disturbi d'Ansia e Fobia Sociale.
L'essere umano è un essere sociale, è nato per creare legami, per vivere in gruppo e in società. Quando si stabilisce una connessione con un'altra persona, si vive un'esperienza di crescita e un senso di sintonia; quando si è disconnessi, invece, si vive un'esperienza di restringimento e di solitudine. Da ciò si può evincere come vivere le relazioni sociali con ansia oppure evitarle per salvaguardarsi dalla stessa possa creare un senso di solitudine anche molto profonda.
Nella persona che soffre di ansia sociale c'è un forte desiderio di dare una buona impressione di sé agli altri, che è, però, accompagnato da una grossa insicurezza e incertezza sulla sua riuscita. È frequente la presenza di una bassa autostima, senso di inutilità, insicurezza, indecisione e titubanza.
La paura del giudizio degli altri è elevata all'ennesima potenza ed è l'aspetto cardine del disturbo. I momenti in cui il Sé è al centro dell'attenzione o si sente valutato vengono vissuti penosamente; il peso degli sguardi altrui, reali o immaginari, diventa una zavorra emotiva legata a doppia mandata a sé, si vorrebbe scappare, nascondersi, essere invisibili, ci si sente sprofondare.
La semplice possibilità di essere osservati e valutati o il rischio che gli altri non diano valore al rapporto è spaventante; svariate situazioni sociali, dunque, hanno il sapore della minaccia, come se si avesse una pistola puntata contro, pronta a sparare al minimo passo falso. La paura di inciampare, inoltre, aumenta la probabilità di fare una mossa impropria. Certo è che camminare appesi ad una fune con trepidante incertezza temendo queste conseguenze è davvero angosciante e insopportabile.
L'ansia si può manifestare prima di una situazione sociale (ansia anticipatoria), oppure durante e/o dopo di essa. Le situazioni che provocano ansia sono state così elencate (Holt & coll., 1992):
Le persone che soffrono di ansia sociale hanno sviluppato un'immagine di sé di vulnerabilità, inadeguatezza, incompetenza e debolezza, accade, dunque, che nelle situazioni sociali queste credenze (sono stupido, ansioso, strano, debole, goffo, ridicolo, non vado bene, non sono all'altezza, fallirò, sono sbagliato) vengano attivate inconsapevolmente, determinando l'emergere dell'ansia nelle sue diverse manifestazioni fisiologiche (agitazione, sudorazione, tremolii, balbettii, rossore, tachicardia, nodo alla gola, confusione mentale, senso di svenimento, ecc.).
Nel tentativo di nascondere o di evitare le conseguenze sociali temute ovvero una valutazione negativa, vengono messi in atto tutta una serie di "comportamenti protettivi", che vanno dall'evitamento totale delle situazioni ad altri evitamenti più sfumati quali parlare a bassa voce, parlare velocemente, evitare lo sguardo dell'altro, non attirare l'attenzione, pianificare in anticipo cosa dire, parlare poco di sé, starsene in disparte, respirare profondamente, muoversi piano, ecc.
I comportamenti protettivi, però, non fanno altro che contribuire al mantenimento del problema in quanto:
Di fronte alla sofferenza la maggior parte delle persone tende a minimizzare, le persone vengono spinte a "fare del proprio meglio" per uscire dalla situazione problematica come fosse sottinteso che "l'impegno non è abbastanza", aspetto questo che può creare un senso di colpa rispetto al problema facendo cadere ancora di più nel baratro chi ne soffre. Nessuno decide di svegliarsi una bella mattina scegliendo dall'armadio i vestiti dell'angoscia e desiderando di affrontare la giornata con un crocevia di pensieri fallimentari, ansiosi e spaventanti, portando con sé la valigetta salvavita fai da te anziché il pc. Se solo la persona ne avesse le competenze di sicuro le avrebbe già usate, come quando si ha la febbre e si sa che quel farmaco apposito ci aiuta ad abbassarla. Nell'ansia sociale, però, non funziona così, spesso la persona è ignara di ciò che le sta accadendo, spesso nemmeno sa che esiste un disturbo definito "ansia o fobia sociale" e sicuramente si troverà di fronte ad uno sconosciuto sentendosi in sua balìa.
La ripresa psicologica è un processo, è un viaggio psicoterapeutico lungo il cui percorso si snodano i tanti grovigli di senso che hanno dato origine al disturbo per arrivare ad analizzare poi quel dialogo interiore che, come un mantra, risuona in ogni momento. Attribuire un significato allo sviluppo del disturbo e prenderne coscienza è un passo fondamentale, permette di togliere la nebbia dagli occhi, aiuta a incastrare i pezzi del puzzle della propria vita, concede di guardarsi con occhi diversi, di non sentirsi più in balia di uno sconosciuto ma di poterci fare due chiacchiere sebbene non ci stia proprio simpatico.
Migliorare il dialogo con se stessi, poi, permette un aumento dell'autostima che a sua volta aumenta il senso di sicurezza personale e diminuisce la vulnerabilità. Ciò permette di mettersi in gioco, rischiare, rafforzare le risorse ed accettare i limiti. Si scende in campo, ci si allena ad affrontare le situazioni minacciose anziché evitarle, si prova e si riprova proprio come se si andasse in palestra, sapendo che paziente e terapeuta sono una squadra.
Dicevo che la ripresa psicologica è un processo, è un cammino di consapevolezza, già essere consapevoli di quella vocina interiore che denigra, che svaluta, che giudica, ascoltare cosa dice, da dove arriva e qual è la sua storia è un primo importante passo senza il quale tutti gli altri sarebbero difficoltosi; ognuno di noi è unico e irripetibile e non esistono soluzioni magiche da manuale del fai da te del supermercato che lasciano il tempo che trovano. L'ansia sociale non è come avere un taglio al dito, dove basta cucire la ferita e prendere qualche antibiotico. Il problema dell'ansia sociale è profondo, complesso, soggettivo e comprende varie aree della vita della persona, ma, con un buon intervento psicoterapeutico, ha dei buoni margini di guarigione.
"Ascoltami", disse l'ansia, "ho un messaggio per te"
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