Articolo pubblicato il 19 Giugno 2018.
L'articolo "L'uso del disegno nella Terapia Sistemico Relazionale" tratta di: Arteterapia.
L'utilizzo del disegno in Psicologia ha una lunga storia ed è stato considerato uno strumento utile alla comprensione della maturazione intellettuale e della personalità dell'individuo (Lis, 1993).
Il disegno è stato inizialmente studiato ed utilizzato come mezzo di trasmissione di sentimenti, affetti, pensieri e rappresentazioni della persona.
A partire dalla seconda metà degli Anni Venti, studiosi quali Luquet, Goodenough, Kellog, si sono occupati di approfondire l'eventuale utilizzo testistico del disegno, partendo dallo sviluppo dell'attività grafica del bambino da un punto di vista cognitivo.
Questi approcci teorici hanno portato, nel tempo, allo sviluppo di test grafici tuttora utilizzati in ambito clinico (il test dell'albero di Kock, il test della figura umana di Buck e Machover, il test della famiglia di Corman, ecc.).
Alla fine degli Anni Sessanta, la rivoluzione portata dalle teorie della duplice funzione - cognitiva ed emozionale - del cervello ha cambiato le concezioni relative al pensiero umano.
Dopo varie ricerche volte ad indagare le diverse funzioni del disegno, si è arrivati a considerarlo un linguaggio espressivo che registra sia ciò che si vede come realtà, sia ciò che viene percepito attraverso gli "occhi della mente" (Arnheim, 1974). Pertanto, in quest'ottica, questa nuova forma di espressione del pensiero verbale e analitico può contribuire a sviluppare la creatività, ma può anche essere una manifestazione di problemi e difficoltà soggettive.
Secondo Betty Edwards (1987), il disegno può chiarire i legami complicati che riguardano passato, presente e futuro; esso si rivela un potente strumento analogico, in quanto può nascondere un significato difficilmente esprimibile attraverso il linguaggio verbale, passando così da una funzione prevalentemente diagnostica ad una terapeutica.
L'utilizzo di questa tecnica nel modello sistemico relazionale ha come presupposto le considerazioni dell'antropologo, sociologo e psicologo britannico Gregory Bateson ("Questo è un gioco", 1956), secondo il quale l'esperienza del disegno, come quella del gioco, diventa un contesto di incontro, un contesto narrativo dove gioco ed emozioni fungono da vettori di trasformazione.
Il disegno sistemico si può definire come "un'esperienza di condivisione che richiama la cornice relazionale all'interno della quale si costruisce la relazione di aiuto" (Bassoli, 2007), con la possibilità per il terapeuta di utilizzare questo strumento per favorire l'emergere di ipotesi. Durante la fase del disegno, si partecipa e si assiste ad un'osservazione delle dinamiche relazionali ed alla rappresentazione che ne fanno i componenti del sistema familiare: il linguaggio analogico che coinvolge il piano del colore e della forma e i movimenti degli attori-pittori, diventano veicolo di espressione di aspetti simbolici.
L'elemento narrativo attraversa e descrive il tempo del disegno, un tempo che è dilatato oltre l'esecuzione del segno grafico e della seduta stessa: un disegno narrativo in cui la dimensione relazionale può essere, allo stesso tempo, base e premessa della storia costruita.
Ciò che ha la potenzialità di arricchire la parzialità di informazioni prodotte dal linguaggio verbale non è tanto il disegno in sé, quanto la modalità relazionale con cui questa esperienza viene proposta. Si viene a creare un contesto di comunicazione e di ascolto emotivo ed esperienziale che favorisce la costruzione di una narrazione attorno a ciò che viene rappresentato (Bassoli, 2007).
Ciascuna fase del disegno è caratterizzata da diversi livelli emotivi: sorpresa iniziale di fronte alla richiesta del compito; ansia e curiosità durante l'esecuzione; scoperta, stupore, meraviglia o disillusione durante la costruzione della storia.
Il disegno in terapia sistemica può, pertanto, essere considerato uno strumento narrativo all'interno di una cornice di "gioco", in cui la metafora del disegno può promuovere e valorizzare la condivisione della storia costruita; questo contesto emotivo condiviso di gioco permette di liberare i partecipanti dal timore del giudizio, dell'errore, della disconferma.
La rappresentazione, inoltre, offre maggiore spazio alle reciproche attribuzioni di significato, in cui la componente emotivo-affettiva prevale su quella razionale.
In sintesi, l'utilizzo del disegno all'interno di un percorso terapeutico individuale o familiare può essere un valido strumento per allargare il campo di osservazione sulle relazioni del sistema, per descriverne la dimensione trigenerazionale ed il ciclo di vita, la rete sociale e, soprattutto, può fungere da contesto relazionale in grado di favorire l'emergere di risorse che il sistema può utilizzare in chiave trasformativa. Ciò consente al sistema una condivisione emotiva della propria storia, con la possibilità di una ri-narrazione della stessa, non più in termini di disagio e sofferenza, ma di risorse, possibilità e potenzialità.
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