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Articolo di psicologia: «Separazione e Divorzio, Desiderio, Colpa»

Separazione, novità e colpa

Articolo pubblicato il 4 Luglio 2016.
L'articolo "Separazione, novità e colpa" tratta di: Separazione e Divorzio.
Articolo scritto dal Dott. Roberto Pozzetti.

La storia di ogni essere umano è fatta dell'alternarsi di momenti di inserimento e di iscrizione nel legame con l'Altro e di fasi volte al distacco, alla separazione. Si nasce in una famiglia che, ovviamente, nessuno può scegliere e si viene iscritti nell'istituzione scolastica, di vario ordine e grado, fin dalla più tenera età. Si comincia, già più spontaneamente, a frequentare gruppi di amici, squadre sportive, band musicali. Ci si innamora, si instaurano i primi legami affettivi ed erotici, ci si sposa, si formano le famiglie, si fanno dei figli.
Scrivo tutto questo in forma impersonale, con il "si" impersonale: si fa, si va, si dice.

L'iscrizione nel campo dell'Altro, esistente prima ancora della nostra nascita, come qui precisato, ha una caratteristica impersonale, di automatismo un po' alienato tanto che lo psicoanalista francese Jacques Lacan chiama questa dinamica alienazione. Alienazione non tanto nel senso del filosofo tedesco Feuerbach per cui l'uomo aliena le proprie potenzialità umane in un credo religioso, in una divinità alla quale attribuisce tutte le proprie risorse affidandovisi. Alienazione, invece, nei termini di un Altro che precede il soggetto determinando molto della sua esistenza: dandogli un nome, riservandogli un posto in famiglia, facendogli frequentare una certa scuola e un preciso ambiente formativo, indirizzandolo verso un tal ambito lavorativo.

Questo aspetto impersonale viene in parte sovvertito quando il soggetto, anche attraverso quanto acquisito dai dettami genitoriali e da una funzione paterna che lo smarca dall'attaccamento primario alla madre, opta per separarsi. Uscire di casa, bazzicare gruppi di coetanei poco graditi ai genitori, cambiare scuola, sperimentarsi in un nuovo posto di lavoro. È separandosi che il soggetto, a torto o ragione, prova a seguire un proprio desiderio. Dal parlare con il "si" impersonale, il soggetto comincia a parlare esprimendosi in quanto tale, per esempio affermando: "Gioco, esco di casa, sto con gli amici, vado a scuola, cambio lavoro". Per manifestare una propria soggettività, si tratta di separarsi almeno un po' dai dettami altrui parlando con parole proprie.

Il desiderio di novità

La separazione collegata con il desiderio implica sempre il nuovo. Tendiamo a desiderare ciò che non abbiamo, ciò che ci manca, quella novità che rilancia il desiderio. Questa è la struttura stessa del desiderio umano: la mancanza che ci abita sarebbe, spesso illusoriamente, colmabile attraverso un elemento di novità e di innovazione. Per questo desideriamo sovente una donna o un uomo che non possediamo affatto, che è in un legame con qualcun altro. Per questo alcuni vogliono sempre ottenere, in modo invidioso, ciò che appartiene ad altri.

Non sempre i risultati di tale operazione di separazione sono efficaci. A volte sono persino anti-economici, almeno nell'immediato, come ci viene insegnato, a torto oppure a ragione, da molti economisti nelle cronache di questi giorni relative alla Brexit.

Eppure il desiderio ha una caratteristica poco razionale, poco di testa e molto di pancia, poco intellettiva e molto di cuore, fondamentalmente corporea. Concerne qualcosa che avvertiamo nella nostra mente ma, anche e soprattutto, nel nostro cuore e nel nostro corpo; questo qualcosa che chiamiamo desiderio si rivolge al cuore altrui e al corpo altrui. Lo scorgiamo da tempo in occasione del trattamento delle crisi di coppia al quale ho recentemente dedicato il mio nuovo libro, "Esiste un amore felice?" (NeP Edizioni, Roma, 2016).

A chi dare la colpa?

Vi è, tuttavia, un ulteriore elemento da considerare in tema di separazioni: quello del risentimento, rispetto al quale ha scritto un ottimo articolo, sul quotidiano La Repubblica, Marco Belpoliti1.

Molte separazioni avvengono, oltre che per desiderio di novità, per risentimento. Un'offesa imperdonabile pare sia avvenuta e, per questo, si ritiene la misura ormai colma. Rimane livore, rancore nei confronti di colui o coloro da cui si ritiene di aver subito tale torto. Un nemico da incolpare viene rintracciato credendo che, dividendosi da costui, tutto andrà meglio. Senza il nemico, al quale viene attribuito un godimento intollerabile (un sapere, un potere, una superbia, una disistima, delle modalità intollerabili nella sessualità), la situazione dovrebbe evolversi positivamente. Senza il capro espiatorio, tutto dovrebbe riavviarsi e rifiorire. Nessun riconoscimento sarà mai in grado di ripristinare le condizioni di buon funzionamento precedente della coppia, dell'aggregazione, dell'istituzione. Ormai vi è risentimento e chi è molto risentito sostiene sia finita, che il legame sia giunto al termine. Punta soltanto all'allontanamento non accordando più alcuna speranza ad una eventuale riconciliazione.

Rimane dell'astio, resta il ruminare, il continuare a pensare e ripensare a quanto avvenuto oscillando, a volte, fra un autoaccusarsi di azioni inefficaci e un incolpare altri di svariate nefandezze; alternando rimproveri rivolti a sé stesso in quanto si sarebbe potuto e dovuto dare di più a forme di denigrazione nei confronti altrui.

Io dubito molto divenga davvero valida qualunque operazione volta a incolpare, per quanto viscerale possa divenire tale afflato emotivo. Vi è qualcosa d'altro, qualcosa di diverso dalla colpa che entra in gioco; semmai, ha più valore parlare di responsabilità soggettiva.

I movimenti che strutturano le coppie sono in effetti molto complessi, quasi quanto quelli in atto nei gruppi. Essi presentano un piano visibile, relativo a figure immediatamente percepibili, salvo rinviare ad un piano invisibile, inconscio. Questo livello inconscio e di ordine simbolico costituisce l'architrave intorno al quale sembrano apparire fenomeni consci, relativi ai pensieri e alle rivalità narcisistiche, in un gioco di specchi in cui l'altro costituisce, in effetti, un doppio di sé stessi. L'avversario con il quale ci si schiera in una lotta di puro prestigio rinvia, in verità, a un piano soggettivo inconsapevole. Proprio su questo livello inconscio si lavora principalmente nella psicoanalisi.

È un fatto, clinico e sociale, che molte separazioni esistono e si vanno, anzi, nella nostra epoca, sempre più incrementando. Sarà comunque il tempo a indicarci qualcosa sull'efficacia di tali separazioni.

Note
  1. M. Belpoliti, La stagione del risentimento, La Repubblica, 22/6/2016.

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