Articolo pubblicato il 11 Novembre 2015.
L'articolo "Disturbi del Sonno e Depressione" tratta di: Insonnia, Ipersonnia e Depressione.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Stefania Corti.
Cosa accade al sonno delle persone con disturbo depressivo maggiore? Tra i criteri previsti per porre una diagnosi di disturbo depressivo maggiore (DSM-V, American Psychiatric Association, 2013), compare la presenza di alterazioni del sonno, nel senso della tendenza all'insonnia o all'ipersonnia.
Sebbene la funzione del sonno sia ancora una questione aperta, è ormai evidente come questa sia implicata nei processi della memoria, dell'allerta, dell'efficienza psicomotoria, nella regolazione del sistema neuroendocrino e, più in generale, nel processamento emotivo.
Non sorprende, quindi, che la probabilità di trovare disturbi del sonno tra i pazienti con questa patologia sia molto elevata (circa il 90%).
Le persone depresse possono fare molta fatica a prendere sonno e mantenerlo in modo duraturo; questo è spesso caratterizzato da incubi, con conseguente insoddisfazione sulla qualità del riposo e sonnolenza durante la vita quotidiana. Lo studio della polisonnografia nelle persone con umore deflesso ha confermato questa tendenza al ritardo nell'addormentamento e ai risvegli frequenti.
Non mancano, inoltre, alterazioni nelle varie fasi del sonno: in particolare, si è riscontrata una riduzione nella latenza della comparsa del sonno REM (latenza del REM: il tempo che intercorre dall'inizio del sonno fino al raggiungimento del primo periodo REM), l'aumento del numero dei movimenti oculari durante il sonno REM (densità del REM), l'aumento della durata del primo ciclo del sonno REM e una diminuzione del sonno a onde lente.
La valenza clinica di queste alterazioni del sonno nel paziente depresso, però, rimane ancora poco chiara.
Alcune ricerche hanno scoperto che una ridotta latenza del sonno REM e la diminuzione del sonno a onde lente possono essere tra i tratti stabili più distintivi del disturbo depressivo maggiore. L'aumento della densità del REM, invece, sembrerebbe più legata a episodi depressivi singoli.
Il sonno poco ristoratore potrebbe essere un elemento che fa da mediatore tra la presenza di eventi di vita stressanti e la comparsa di sintomi depressivi. Ne consegue che le persone che vivono periodi di vita più stressanti della norma sono particolarmente esposti allo sviluppo di sintomi depressivi se la loro qualità del sonno è scarsa.
Il sonno, se ristoratore, permette alle persone quel recupero di energie fondamentale per gestire il proprio stress in modo efficace.
I pazienti che presentano disturbi del sonno come Insonnia e Ipersonnia sono dieci volte più esposti al rischio di sviluppare disturbi depressivi (Livingston G. et al., 1993).
La presenza di insonnia sembrerebbe esercitare un impatto importante sul trattamento dei sintomi depressivi e viceversa.
Sebbene si possa pensare che i disturbi del sonno secondari al disturbo depressivo migliorino con l'introduzione di una terapia antidepressiva, in circa il 20-44% dei casi questo non avviene (Nierenberg A.A. et al., 1999).
L'insonnia residua, al contrario, sembrerebbe uno degli elementi predisponenti a una nuova ricaduta depressiva e a problematiche di concentrazione, sonnolenza e a una diminuzione delle performance della persona.
La presenza di disturbi del sonno in pazienti con depressione maggiore sembrerebbero aumentare la presenza di ideazione suicidaria e tentativi anticonservativi. Le persone depresse che presentano difficoltà di riposo spesso possono incontrare maggiori difficoltà nella risoluzione della patologia depressiva rispetto a coloro che non hanno disturbi del sonno e una qualità di vita più bassa.
I ricercatori quindi consigliano, accanto a una terapia specifica per il trattamento del tono dell'umore, anche una mirata alla gestione dell'insonnia. Appare chiaro, quindi, che gli effetti positivi sul tono dell'umore e sulla qualità del sonno sarebbero bidirezionali.
Va da sé che alcuni dei farmaci utilizzati in modo specifico per il trattamento dei sintomi depressivi possano influenzare in modo importante anche alcune variabili della polisonnografia.
Alcuni studi, infatti, hanno verificato come alcuni farmaci antidepressivi, come gli inibitori della monoamino-ossidasi (I-MAO), inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI) possano sopprimere il sonno REM (Bowers M., Kupfer D.J., 1971).
Se ne è dedotto, quindi, che la soppressione del sonno REM possa essere un meccanismo d'azione importante delle terapie antidepressive.
Al contrario, però, altre ricerche nel senso opposto hanno verificato come alcuni antidepressivi, come bupropione, nefazodone, mirtazapina e trazodone, non sopprimano il sonno REM.
Questi tipi di farmaci sembrerebbero, invece, aumentare la percentuale di sonno a onde lente e l'ampiezza delle onde lente nelle fasi del sonno nREM (Winokur A. et al., 2003).
Alcuni antidepressivi, come trazodone, mirtazapina, amitriptilina e doxepina, vengono utilizzati anche per le difficoltà di addormentamento o di mantenimento del sonno.
Accanto a queste scoperte, però, stato anche verificato come alcuni farmaci antidepressivi tendano a disturbare il sonno.
Gli inibitori della ricaptazione della norepinefrina e della dopamina (NDRI), gli SSRI e gli SNRI possono avere effetti avversi sull'insonnia e sui disturbi del sonno.
Gli SSRI, gli SNRI e la mirtrazapina possono esasperare problemi come il Periodic Limb Movement (PLM - Movimenti periodici dell'arto) e la sindrome delle gambe senza riposo.
I disturbi dell'umore e i disturbi del sonno. È nato prima l'uovo o la gallina?, S. Corti, PsicoCitta, 04.11.2015