Articolo pubblicato il 11 Giugno 2015.
L'articolo "La difficoltà a cambiare stagione" tratta di: Disturbo Ossessivo Compulsivo e Psicologia Analitica (Jung).
Decluttering o Space clearing sono termini che raccontano la difficoltà nel buttare via oggetti vecchi, inutili, palesemente d'ostacolo al nostro benessere... in casa nostra o nel luogo dove lavoriamo.
Space clearing indica quando ci sentiamo ancora in controllo di noi stessi e della nostra possibilità di creare spazio "pulito" o "liberato" da oggetti ingombranti o che hanno svolto il loro ruolo.
Decluttering, invece, è l'ammissione di fronte a noi stessi e agli altri che proprio non sembra essere in nostro potere riorganizzare il nostro luogo abitativo con gradualità e serenità, sistemando certi oggetti, eliminandone o riciclandone altri.
In questi casi, abbastanza estremi, si firmano contratti con specifiche società che arrivano nel posto - reso invivibile dal nostro accumulo di oggetti - e sgombrano, buttano via con il nostro permesso scritto praticamente ogni cosa.
Raramente ci chiedono: "Questo forse vuole tenerlo?".
Entrambi questi approcci trascurano spesso il significato psicologico che l'accumulo di oggetti racconta. Soprattutto, il soggetto accumulante può sentirsi particolarmente frustrato nel pensare che, magari, stava solo seguendo vecchi buoni consigli di parenti o amici.
"Tutto, in fondo, può servire o tornare utile, prima o poi!".
Questa è una frase che difficilmente può essere messa in discussione. Tuttavia l'approccio junghiano può aiutarci mostrando come, estremizzando questa stessa regola, una persona può arrivare a non buttare via nulla.
Secondo Jung: «Con l'esagerazione il bene diventa non migliore, ma peggiore; e un male piccolo, con la noncuranza e la rimozione, diventa grande»1.
La Psicologia Junghiana sostanzialmente evidenzia il rischio di percorsi unilaterali, univocamente centrati su una sola regola seguita senza metter mai nulla in discussione.
Chi accumula può anche rispondere che, in un qualche modo indiretto, è la stessa società che spinge costantemente a consumare per far crescere l'economia e il benessere collettivo.
Qualche tempo fa circolava un messaggio pubblicitario che ringraziava letteralmente una persona qualunque sorpresa a fare acquisti. Questi aspetti culturali influiscono notevolmente su soggetti già inclini a soddisfarsi sostanzialmente attraverso l'acquisto di vestiti, cellulari, cibo, viaggi etc.
Fare acquisti crea un sottile ma potentissimo senso di appartenenza al modello consumistico imperante: ci si sente particolari e unici grazie al possesso di un oggetto di moda, anche se si tratta di un'unicità condivisa da milioni di persone.
Ma veniamo ai casi individuali e a possibili cause di un accumulo di oggetti da un lato e dell'incapacità di smaltimento degli stessi dall'altro.
Dai casi clinici che ho conosciuto, il problema di fondo potrebbe essere sintetizzato come una difficoltà a cambiare stagione, se così posso dire.
Periodicamente si dedica del tempo al cosiddetto cambio di stagione dove si riprendono vestiti adatti lasciati negli armadi ma, soprattutto, ci si impone un inventario di cosa ancora ci piace e ci sta bene e di cosa invece va letteralmente buttato, regalato o riciclato.
Se un vestito, un libro, un cd o una collezione più o meno infinita di ninnoli rappresentano qualcosa di effettivamente importante, raccontano cioè un episodio, una persona, un periodo, è anche giusto conservarli.
Il problema è quando ogni libro, vestito etc. appare come irrinunciabile affettivamente. Ecco che allora si mettono all'opera in noi meccanismi specifici che si esprimono con pensieri costanti del tipo:
Come si vede, la strada verso l'accumulo è lastricata di buone intenzioni, per così dire.
Il risultato è quello di accumulare, pensando non di stare accumulando, ma di essere in attesa di sbarazzarsi di tutto.
Allora può essere utile leggersi uno dei tanti libri pubblicati sullo space clearing. Tuttavia, nel momento in cui si vede che si legge molto, ma non si mettono in pratica quegli stessi utili consigli pratici elencati, allora potrebbe servire un lavoro più profondo e impegnativo.
Ovviamente non si tratta di insistere di più nell'eseguire gesti di smaltimento che risultano sempre più penosi e frustranti.
Piuttosto, si cercano i significati che l'accumulo - il nostro specifico e personale tipo di accumulo - raccontano a noi e al nostro Psicoterapeuta.
Condividere significati legati ad oggetti, ripercorrere episodi particolarmente emozionanti del nostro percorso di vita infatti può aiutarci a lasciare andare gli oggetti stessi.
In sintesi, spesso ho constatato che un materiale vario scrupolosamente conservato, ma anche una camera lasciata sempre uguale, dove gli oggetti si accumulano negli anni, spesso rappresenta un concreto e disfunzionale tentativo di fermare il tempo, non arrendersi al cambio stesso delle stagioni, non quelle oggettive, ma quelle personali.
Proviamo a pensare, per chiarirci, a un lutto: a come sia difficile dare via, riciclare, decidere cosa tenere o meno di un caro parente defunto.
In casi estremi, si mantiene tutto così come lo aveva lasciato la persona scomparsa. Questo meccanismo può funzionare anche senza parlare di morte in senso letterale.
Ripercorre assieme allo Psicoterapeuta la propria storia di vita, come scrivere un'autobiografia a quattro mani, aiuta allora a rivivere parzialmente ogni avvenimento significativo, dandogli il giusto peso e lasciandolo successivamente andare.
Spesso il percorso analitico è un tornare al passato in modo da renderlo effettivamente passato, elaborando momenti piacevoli e altri più critici, rintracciando e analizzando rancori o desideri scarsamente espressi.
Come nota l'analista a orientamento filosofico Romano Màdera: «Le nevrosi nascono dal modo di interiorizzare nella famiglia la pressione e il conflitto sociale, ma la forma generale delle psicopatologie è la richiesta di risarcimento rivolta al passato. (...)
Se il presente e il futuro diventano la scena nella quale si ripete la richiesta inevasa del passato, allora è l'intera personalità a subire un restringimento, una sorta di mutilazione che impedisce la spinta vitale verso ciò che ci sta davanti e chiede di essere incontrato e affrontato»2.
Quindi si riprendono anche ripetutamente i passaggi fondamentali, piacevoli o dolorosi dell'autobiografia a quattro mani, caratteristica di un percorso analitico, per trasformarli in un ricordo, qualcosa che è stato e che possiamo considerare trascorso.
In questo modo lasciare andare anche gli oggetti, che ricordano singoli episodi o persone o periodi del nostro tempo passato, risulterà certamente emozionante, ma molto più facile e possibile. E i nostri luoghi dove viviamo o lavoriamo si libereranno per fare spazio al nuovo.
CHE COSA SCRIVERE
Sentiti libero di chiedere al Dott. Andrea Arrighi quello che desideri: un appuntamento, una consultazione o semplicemente la risposta ad una domanda. Scrivi tranquillamente, questo è un contatto iniziale.
NOTA
I navigatori sono tenuti a rispettare lo scopo di questo elenco.
I professionisti sono qui per aiutare le persone con il proprio lavoro, questo non è un luogo di aiuto tesi, bibliografie o pubblicità di qualsiasi tipo.