Articolo pubblicato il 30 Luglio 2014.
L'articolo "Relazioni pericolose" tratta di: Intelligenza Emotiva, Relazioni, Amore e Vita di Coppia, Sesso e Sessualità e Psicoanalisi (Sigmund Freud).
Articolo scritto dalla Dott.ssa Giuseppina Cantarelli.
Quando si parla di perversione si pensa generalmente alle perversioni sessuali, di cui ognuno di noi ha quantomeno sentito parlare; sono entrati ormai nel linguaggio comune, termini quali ad esempio: feticismo, esibizionismo, masochismo, sadismo, voyeurismo e la tristemente nota pedofilia.
Importanti teorie psicologiche e psicoanalitiche hanno formulato ipotesi interessanti sulla eziopatogenesi di questo tipo di inclinazioni sessuali e sull'intervento psicoterapeutico opportuno in questi casi e, oggi, molte persone affette da tali gravi e/o imbarazzanti disturbi vivono con più consapevolezza il proprio disagio, anche grazie al fatto che molte di queste modalità legate al piacere non sono più coperte dal quel velo di omertà che in passato tendeva a negare, a non vedere, a non parlare di tutto ciò che, deviando dalla "normalità", poteva provocare imbarazzo in una comunità, in una famiglia, in una coppia.
Il senso di inadeguatezza o di vergogna o di colpa, uniti al timore del giudizio sociale, a quello di essere denunciati e perseguiti, anche penalmente, inducono i portatori di tali preoccupanti disordini della sfera affettivo sessuale a chiedere con maggiore frequenza aiuto psicoterapeutico.
Questo è un bene, poiché in molte di queste situazioni è possibile risalire e quindi intervenire sulle cause psichiche di un problema, per lo più legato a esperienze infantili traumatiche o vissute dalla persona in modo inadeguato. Queste esperienze possono avere contribuito a fissare la libido erotica a un livello antecedente lo sviluppo completo delle strutture di personalità preposte (tra le altre) all'espressione della sessualità, istinto molto potente in ognuno, la cui maturazione però comporta delicati passaggi di crescita per potersi esprimere adeguatamente e pienamente in età adulta.
La perversione sessuale si accompagna in genere a comportamenti e atteggiamenti che poco o nulla tengono conto dei sentimenti e della volontà della persona a cui le attenzioni morbose vengono rivolte.
In pratica, a meno che non si tratti di adulti consenzienti e pienamente consapevoli delle proprie azioni (vedi giochi erotici sadomasochistici in cui non a caso è spesso prevista un'alternanza delle posizioni sadica e masochista), il bersaglio umano del perverso non è considerato se non alla stregua di oggetto, su cui proiettare e scaricare i propri impulsi.
Modalità relazionali perverse possono manifestarsi comunque in contesti e situazioni che poco o nulla hanno a che fare con la sessualità e che, più comuni di quanto non si pensi, mietono vittime e raccolgono accoliti.
Sono queste forme di legame col prossimo che non suscitano ancora abbastanza indignazione in chi le subisce e vergogna in chi le pratica.
Tali stili di comunicazione si esprimono attraverso modalità indiscriminate di manipolazione e di ricatto affettivo e/o emotivo e possono dare origine a relazioni molto disturbate, soprattutto nei casi in cui ci si veda impossibilitati a difendersi da un sentimento d'amore o di attaccamento, d'amicizia oppure più banalmente da un rapporto professionale di tipo gerarchico o di collaborazione.
Pervertire significa infatti rivolgere nel contrario, alterare, ribaltare in senso negativo ciò che in origine era armonioso e positivo.
Forme di perversione relazionale sono state indagate in particolare all'interno delle coppie eterosessuali ma, ad attenta osservazione, il concetto può essere esteso a qualunque attività umana, in quanto la natura dell'impulso perverso consiste appunto nel trasformare la parte buona in cattiva, conservando l'apparenza della bontà.
L'essenza della perversione, come modo di relazione, si avvale dell'utilizzo di meccanismi legati al controllo della mente, attraverso la contraffazione sistematica di ogni regola di chiarezza, di argomentazione leale e di giustizia, giungendo a negare infine all'interlocutore ogni credibilità e valore. La "dinamica perversa" è sempre caratterizzata da un'ostilità costante e insidiosa e, anche se dall'esterno non appare, nella relazione maltrattante il partner è tenuto costantemente sotto controllo, attraverso il sistematico sovvertimento della logica e della realtà.
Il perverso relazionale non comunica, si limita ad alludere, mentre rifiuta ogni autentico scambio, dando l'impressione di sapere e confondendo così il partner che inizierà a entrare in un pericoloso circuito di autocritica.
Raccogliendo e analizzando testimonianze di vittime di situazioni di questa natura, ci si può rendere conto di come il senso di smarrimento, di disorientamento e, spesso, dello strisciante quanto immotivato senso di colpa siano responsabili di una difficoltà a elaborare modalità difensive efficaci, atte a neutralizzare la crudele strategia del perverso relazionale.
Se è certamente vero che bersaglio privilegiato del manipolatore è per lo più persona che porta con sé un vissuto infantile d'abbandono, di solitudine emotiva e di insicurezza affettiva - tutti elementi che possono averne minato l'istinto autoprotettivo - è pure vero che può essere vittima di dolorose vessazioni chiunque si muova nel mondo con una sana dose di buona fede ed encomiabile tendenza a empatia e fiducia nel prossimo.
Ciò che distingue le due categorie semmai è il perseverare in una situazione di disagio e dolore, che alla fine si può rivelare altamente autolesiva, o nel sottrarsene rapidamente.
Rapporti famigliari, di coppia, di amicizia o professionali possono perciò risentire in diversa misura e gravità della nefasta presenza di soggetti in cui difetta profondamente il senso etico e il rispetto verso il prossimo.
L'inizio di una storia con un/a perverso/a relazionale è sempre all'insegna della seduttività. La persona è spesso affascinante, stimolante, coinvolgente e può far sentire l'Altro importante e intelligente, conquistandolo con l'adulazione o piccoli favori, in un crescendo di riguardi, attenzioni e premurosità atte ad abbassare le difese emotive dell'interlocutore e a carpirne fiducia, rispetto e affezione.
Nella peggiore delle ipotesi, in genere nelle situazioni di intenso innamoramento, il perverso affettivo può riuscire a instillare, nel partner adorante, l'idea che solo lui sappia cosa l'Altro veramente voglia e di cosa abbia bisogno.
In genere, solo gradualmente il vero volto del perverso si mostra, così come il vero scopo del suo interesse che - ben lungi dal dimostrarsi di natura altruistica - mira in realtà alla demolizione sistematica delle qualità altrui e al controllo totale della relazione. Per ottenere questo risultato, ogni comunicazione diretta e sincera viene normalmente annullata.
Sono utilizzati in sua vece messaggi indiretti in cui domina la doppiezza, come ad esempio: valorizzare e adulare in privato per poi, poco dopo, ridicolizzare il/la partner o svalutarlo/la in pubblico, con sottile prevaricante sarcasmo e/o con atteggiamenti extraverbali di rifiuto, ad esempio con moti di indifferenza o fastidio, mancate attenzioni, riguardi e ostentato interesse rivolto costantemente ad altre/i. O ancora utilizzando strategicamente, in seguito, ironia e tono di sufficienza di fronte alle giustificate rimostranze, al dispiacere, al disagio e all'inevitabile senso di rabbia provocati; colpevolizzando la vittima e finendo per sovraccaricare quest'ultima di responsabilità morali e pretese di plasticità relazionale, sottraendole al contempo credibilità, rilievo, considerazione e preziose energie.
Un altro modo può consistere nel ribaltare le responsabilità di una discussione o di un litigio, di un problema di coppia o di lavoro, imputando - al soggetto più dotato di buona fede tra i due - un cattivo carattere, infantilismo, immaturità, eccessiva animosità o chissà quali altri pessimi o incorreggibili difetti, attaccando questi nelle sue parti deboli, senza peraltro mai mettersi personalmente in discussione e defilandosi magari cambiando argomento, mentendo spudoratamente o congelando attraverso un rancoroso silenzio ogni possibilità di franco chiarimento, anche di fronte all'evidenza di un insulto o atto sleale da costui/costei commesso.
Quindi, menzogna, sarcasmo, derisione, disprezzo, maldicenza, sufficienza sono tra gli strumenti che egli/ella, complice una sotterranea quanto glaciale freddezza, usa per soggiogare e squalificare lo/a sfortunato/a compagno/a, amico/a, collega o famigliare. Il piacere ottenuto è legato a un esercizio di sfruttamento e mero potere distruttivo e non certo derivante da condivisione, confronto o scontro leale, simpatia o antipatia sincera, calore, intimità, stima, rispetto, né tanto meno amore.
Ma quale è dunque la struttura di personalità di questi personaggi (uomini e donne) che alcuni eminenti autori hanno definito "manipolatori narcisisti" o "narcisisti perversi"?
Il termine narcisismo è inteso qui come "disturbo narcisistico", non ha legami con un sano amore e stima di sé, ed è il risultato di una costruzione artificiale di sicurezze, atte a compensare profonde mancanze di significato e sensi di inferiorità, la cui caratteristica dominante è il senso d'onnipotenza, l'assenza di empatia, di compassione, di interesse per il benessere o il malessere altrui.
Questi individui possono indossare molte maschere, da quella della simpatia e cordialità a quella dell'autorità o dell'autorevolezza, essere imbonitori e, nel caso convenga, adulatori o vittimisti incalliti, ma realmente incapaci di percepire ed esprimere sentimenti genuini, di provare riconoscenza, rimorso o senso di colpa.
Essenzialmente il "perverso narcisista" non ama nessuno e ha un'immagine negativa di se stesso, che proietta su chi gli sta attorno cercando di distruggere nelle altre persone ciò che lui non è in grado di raggiungere: felicità, desiderio, piacere.
Superfluo sottolineare quanto impegno, rispetto, richiesta di reciprocità e confronto sincero non possano che sfociare in un gioco al massacro, in cui il "dipendente affettivo" o più semplicemente l'individuo più eticamente integro sarà condannato a sforzarsi di comprendere o farsi comprendere senza mai ovviamente riuscirvi.
Infatti, nella mente del narcisista, l'Altro non esiste come persona o interlocutore, ma rappresenta solo specchio e strumento per convalidare la propria immagine e arricchire una visione grandiosa ed egocentrica di sé, volta a coprire un vuoto interiore e affettivo dai risvolti inquietanti.
Riconoscere e proteggersi da queste persone diviene un imperativo per la salvaguardia della propria salute psichica e spesso l'unico modo per difendersi da queste forme di legame - in cui domina il vampirismo emotivo - consiste nel consolidare e rafforzare autostima, rispetto e amor proprio, facendosi eventualmente aiutare e sostenere da chi conosce gli effetti devastanti derivanti da queste dinamiche e infine, nel sottrarsi al più presto ad un rapporto impossibile da modificare, seguendo il detto: "se lo conosci lo eviti".
La riappropriazione del rispetto per se stessi/e offrirà il molteplice vantaggio di: acquisire maggiore sicurezza, liberarsi con più facilità dalle catene di un rapporto insano del momento, e nel contempo, di modificare stabilmente uno schema psichico e mentale, che può essersi rivelato in passato e potrebbe rivelarsi in futuro come un gancio e un polo di forte attrazione per soggetti con le caratteristiche negative descritte.
Psicologia e sociologia confermano quanto il fenomeno delle "relazioni pericolose" sia in aumento e vada di pari passo con la nostra attuale cultura occidentale, dominata in gran parte da rapporti umani fondati su fragili basi di tipo superficiale, opportunistico e passeggero, dove lo scrupolo morale troppo spesso ha le stesse qualità degli articoli usa e getta, e una sfrenata ambizione che può facilmente declinare in competitività sleale e spregiudicata rapacità, attributo sovente considerato seppure tacitamente un valore da perseguire.
Mobbing e bullismo. Non è un caso che fenomeni quali il mobbing siano divenuti così evidenti e frequenti, da dovere essere studiati e analizzati per la gravità degli effetti che producono su chi ne subisce i danni.
Ed è ormai noto il sempre più dilagante fenomeno del bullismo preadolescenziale e adolescenziale, su cui non si interviene ancora con sufficiente efficacia, le cui implicazioni non trovano più un riscontro adeguato nelle teorie psicologiche classiche sui fenomeni gruppali e sulla struttura personologica di ragazzi di queste età, in quanto negli ultimi tempi si è assistito a un esponenziale quanto inesplicabile aumento dei livelli di crudeltà, cinismo e autocompiacimento nel perpetrare violenza e soprusi su soggetti più deboli, assistervi e/o addirittura filmare scene reali di aggressioni su indifesi compagni/e.
Gli studi sociologici evidenziano con preoccupazione, un graduale e costante depauperarsi di quei valori umani e civili che dovrebbero rendere l'uomo degno di appartenere al proprio genere, mettendo in luce le possibili disastrose conseguenze che potrebbero ripercuotersi a livello sociale e individuale se questi segnali non fossero tenuti in considerazione e affrontati.
Psicologia e psicoanalisi dal canto loro riconoscono come le trasformazioni sociali profonde, che hanno investito la nostra condizione sociale di vita, abbiano influito sul cambiamento di segno delle nuove forme di disagio, che paiono spostarsi con sempre maggiore frequenza dall'ambito delle nevrosi a quello dei "casi al limite".
Per semplificare: se i padri fondatori della psicoanalisi e i loro seguaci avevano strutturato le loro teorie sulla base delle inibizioni sessuali, sociali e relazionali lamentate dai loro pazienti, dovute per lo più a un eccesso di coscienza morale che - provocando eccessivi sensi di colpa finiva per costituire ostacolo al raggiungimento di una soddisfacente qualità di vita affettivo/sessuale, sociale o lavorativa - oggi si assiste a una clinica sempre più associata all'agire compulsivo, alla disinibizione, alla difficoltà di simbolizzazione e all'uso delle persone come strumenti di mero appagamento.
La sofferenza che porta allo studio del terapeuta non è più solamente dovuta alla tendenza moraleggiante e inibente della società, bensì è spesso causata da problematiche legate al contenimento degli impulsi (ad esempio: bulimia, tossicomania, alcolismo, difficoltà nel tollerare la frustrazione necessaria alla realizzazione di scopi o desideri o nel mantenere saldo un rapporto) e a un senso di vuoto, di depressione, d'ansia senza nome.
L'allentamento della struttura morale degli individui pare quindi un fenomeno più socialmente generalizzato di quanto non si potesse immaginare fino a qualche tempo fa, e induce a una riflessione su quanto sia necessario introdurre all'interno degli stili formativi famigliari e scolastici una educazione ai sentimenti, che miri allo sviluppo di quella intelligenza emotiva, la cui mancanza contribuisce certamente, assieme a vissuti psichici e relazionali negativi di tipo individuale, al supporto delle manifestazioni legate alle "relazioni pericolose".